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La vita dell'uomo contemporaneo è un susseguirsi di eventi che spesso lo allontanano dalla Beata prospettiva ultraterrena alla quale ognuno di noi è vocato. Nei secoli passati le società cristiane, non ancora inquinate dal laicismo post illuministico, erano facilitate nel tenere in equilibrio le esigenze della vita quotidiana con quelle spirituali e liturgiche. L'Avvento e la Quaresima erano tempi che venivano vissuti con serietà al fine di non vanificarne i frutti in vista delle solenni feste che ne erano sospirato epilogo.
La Chiesa, Madre e Maestra, ha sempre incentivato i fedeli a non dissipare questi periodi di grazia indicandoli come tesori spirituali necessari al rinvigorimento dell'anima sempre a rischio nei flutti della mondanità. La preghiera, la penitenza e il digiuno sono visti, dagli uomini secolarizzati, come pratiche arcaiche contrarie alla natura umana propensa a inseguire e perseguire tutte le occasioni di divertimento.
Ecco, anche qui l'etimologia ci è di aiuto. Convertirsi e divertirsi: convergere e divergere. La sapienza cristiana punta alla conversione che fa convergere il fine ultimo della vita con il suo svolgimento. L'essere umano, gravato dalla colpa dei Progenitori, è appesantito dai moti della concupiscenza, facilmente preda di pericolose distrazioni e incline al peccato. Per camminare verso il Paradiso necessita di costanti esercizi della (buona) volontà. Il cristiano non è un masochista che detesta le cose buone e se ne priva perché strutturato endemicamente alla sofferenza! Tutt'altro, egli è un uomo realista e consapevole di desiderare il bene ma fare il male.
San Paolo nella lettera ai Romani diceva: “Io so infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c'è il desiderio del bene ma non c'è la capacità di compierlo. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio”. Ritengo sia necessario sottolineare che il cattolico debba essere capace di dire dei “no” per avere in cambio dei “sì” molto più importanti. Non si tratta solo di fuggire le cose illecite, perché il male fa male, ma anche saper moderare e talvolta rinunciare alle cose permesse e lecite per ottenere un bene maggiore.
Chi ha scoperto e crede che in Gesù Cristo ci sia la salvezza agisce posponendo l'irrilevante all'essenziale. Si tratta anche di un buon esercizio, salutare e salvifico, in vista delle continue battaglie spirituali della vita. Prendiamo i classici “fioretti”, essi sono piccoli atti d'amore che si compiono nel segreto al fine di mortificarsi per ottenere benefici temporali e spirituali. La parola mortificazione fa, non dirado paura, ma in verità chi esperisce i frutti delle piccole rinunce si rafforza umanamente e spiritualmente in vista di grandi vittorie.
La Settimana Santa è in questa ottica il periodo di massima concentrazione dei nostri buoni sforzi per meglio accogliere la grazia della santa Pasqua di resurrezione. Non dobbiamo essere ciechi e sordi alla realtà, in tutte le cose della vita occorre impegno, disciplina e sacrificio in vista di un evento importante. L'atleta non si risparmia nella dieta e nell'allenamento in vista della gara? Lo studente non profonde tempo ed energie in vista di un esame importante? Più banalmente, non ci si prodiga per essere ben vestiti e sistemati per un appuntamento a cui teniamo particolarmente? Ebbene, quando si tratta di cose ordinarie, certamente lecite e anche buone, siamo disposti a tutto, ma quando si tratta di curare i nostri interessi straordinari e ultraterreni sappiamo fare altrettanto?
La settimana santa va vissuta con una grande attenzione ai significati ultimi del vivere. Chi non vive bene non può dare al morire il giusto significato. E questo santo periodo dell'anno liturgico è il compendio perfetto della nostra esperienza umana. Non di rado si passa dall'acclamazione vana del mondo all'esperienza più brutale di rifiuto da parte di chi credevamo essere dalla nostra parte. Nostro Signore Gesù Cristo ci insegna a pazientare, a fare il proprio dovere, a restare in silenzio durante le ingiuste accuse, a sopportare le fatiche, le umiliazioni, gli sputi e le percosse. Ci indica la strada del Calvario, ci invita ad essere cirenei per il nostro prossimo sofferente, ci dà l'esempio del perdono e ci ammaestra su come comportarci con i traditori. Gesù, stendendo le braccia sulla croce, ci impartisce l'inarrivabile lezione d'amore per le anime. La settimana santa è un libro di infinite meraviglie dell'amore di Dio per chi, noi, lo ha sottoposto al martirio del disamore.Tutte queste considerazioni sono incomplete se non si giunge a guardare oltre la morte del Redentore, così fecero gli Apostoli e sbagliarono, perché non credettero alle Sue parole di vita eterna. Solo la Beata Vergine Maria dalle tre del Venerdì santo fino all'alba della Domenica, conservò la fede in Dio. In tutta la terra solo lei la preservò e infatti il demonio la insediò, ma lei non si lasciò scalfire dal tentatore che intendeva farle perdere la Speranza.
Siamo chiamati a mirare la luce della resurrezione oltre la cortina di buio del dolore e della morte. Questo è il fine del cristiano: il saper distinguere il fine della morte di croce dal fine per il quale il Salvatore l'ha subita. Non perdiamo questa occasione di crescita, nella vita non avremo innumerevoli occasioni di far germogliare questa benedizione; le nostre “settimane sante” sono contate... non disperdiamole.
Quale migliore occasione per fare una buona e completa confessione sacramentale? Non ci spaventi la croce, portiamone il peso per il Signore e con il Signore per poterci sentire dire un giorno con il buon ladrone: “Oggi, sarai con me in Paradiso!”