Ogni santo è come un diamante splendente dell'inestimabile ricchezza del paradiso e nel florilegio della Chiesa. Tutti gli esseri umani che abbiano accettato, con coraggio e fiducia, la volontà di Dio sulla propria esistenza hanno potuto realizzare un'opera magistrale e unica che brillerà per sempre.
La Santità si edifica anche, come ben sappiamo, compiendo in modo straordinario azioni ordinarie.
Gianna Beretta Molla ebbe la grazia di nascere in una famiglia veramente cristiana nella quale il Vangelo non era solo un libro riservato ai preti, da ascoltare distrattamente durante la Messa o destinato a raccogliere la polvere sui comodini.
Suo padre Gianni e la mamma Maria avevano fatto della fede nel Signore Gesù Cristo l'architrave di tutta la loro vita di cristiani, sposi e genitori. Gianna fu la decima di tredici figli, (dei quali cinque morirono in tenera età, tre si consacrarono: due sacerdoti e una suora). Grazie ai sacrifici del padre, impiegato in un cotonificio, tutti poterono studiare fino alla laurea. Non ebbe alcuna esitazione, al fine di far quadrare i conti, ad eliminare tutte le spese che reputò inutili, come smettere di fumare il suo sigaro. Uomo di convinta e provata fede, si alzava alle 5 tutte le mattine per cominciare la giornata con la santa Messa. Del medesimo pio stampo era sua moglie che, nonostante i gravosi impegni familiari, attingeva forza ogni giorno dal sacrificio di Cristo portando con sé i figli.
Di santa Gianna si potrebbero raccontare tante cose e tutte luminose e illuminanti, ma vorrei porre in evidenza la visione sublime che aveva dell'amore cristiano tra uomo e donna attraverso una lettera destinata a Pietro, il suo fidanzato. C'è da premettere che sempre si era interrogata su quel dono di Dio che è la Vocazione e a tal fine pregava e chiedeva lumi al confessore.
“Dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna”, queste erano le sue parole a riguardo. Dalle lettere che scriveva a suo fratello, padre Alberto, si evince che stesse prendendo in considerazione l'ipotesi di raggiungerlo per coadiuvarlo, in qualità di medico pediatra, presso la sua missione in Brasile. Ma Dio aveva altre strade per lei, e presto un “segno” le confermò che quel genere di ardore missionario non era tra quelle. Conobbe, infatti, l'ingegner Pietro Molla durante la celebrazione della prima santa Messa di un sacerdote, padre Lino Garavaglia, che li invitò entrambi.
L’11 marzo scrive:
“…Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! ma non sono capace - supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene - tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: “sarò io degna di lui?” Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente, che pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: “Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buonavolontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri”. Va bene così, Pietro?
Con tanto tanto affetto ti saluto, Tua Gianna.”
Da questi testamenti d'amore, che invito a leggere e meditare, dirà un giorno lontano il vedovo: "Le lettere che Gianna mi ha scritto durante il periodo del nostro fidanzamento esprimono tutto l’entusiasmo, i progetti e le attese di una fidanzata ricolma di gioia. Sono ventate bellissime, di un amore straripante d’affettuosità e di tenerezza, sono un invito a godere il dono della vita e le meraviglie del creato, a vivere la fede con gioia e con fiducia nella Provvidenza. Sono lettere limpidissime, di progettazione dell’avvenire sugli orizzonti di quell’amore che non sente Dio come un intruso, ma lo desidera presente”.
Ecco che il tema della santità sempre si ricapitola nella propensione decisa e volitiva di magnificare ogni aspetto sacro dell'esistenza sprezzando ogni forma di banalizzazione. Gianna aveva messo ben a fuoco che Gesù Cristo è il Tutto e che il peccato mortale è il vero veleno in grado di farci perdere questo “Tutto”. Ora si comprende meglio come il loro matrimonio, inteso come “sacramento dell'Amore”, fu un giardino di bellezze, pur concimato da prove e sofferenze, al quale si prepararono con serietà e impegno nel fidanzamento.
Ebbero tre figli, ma nel 1961 verso il secondo messe della quarta gravidanza, Gianna fu toccata da una acerba prova. Un voluminoso fibroma all'utero (tumore benigno) rese necessario un intervento. Prima di sottoporsi ad esso supplicò il chirurgo di salvare la creatura che portava in grembo. L'operazione andò bene. I giorni del parto furono però un Calvario. Assistita dalla sorella Madre Virginia dopo il cesario, avvenuto proprio nei giorni del triduo pasquale, la nostra pia amica si trovò immersa nei dolori con il Suo Gesù. “Solo raramente svelava le sue sofferenze. Ha rifiutato ogni calmante per essere sempre consapevole di quanto avveniva e presente a sé stessa. Non solo, ma per essere lucida nel suo rapporto con il suo Gesù, che costantemente invocava” rivelò sua sorella Virginia. “Sapessi quale conforto ho ricevuto baciando il tuo Crocifisso!”, le disse Gianna, “Oh, se non ci fosse Gesù che ci consola in certi momenti!”. “Attingeva la forza del suo saper soffrire”, ricorda ancora Madre Virginia, “dalla preghiera intima manifestata in brevi espressioni di amore e di offerta: “Gesù ti amo” – “Gesù ti adoro” – “Gesù aiutami” – “Mamma aiutami” – “Maria…”, seguite da silenziose riflessioni”.
Quando il parto incombeva, senza mai dubitare della Provvidenza, Gianna era pronta a immolarsi per il figlio che portava in grembo. “Mi disse esplicitamente” - ricorda il marito Pietro - “con tono fermo e al tempo stesso sereno, con uno sguardo profondo che non dimenticherò mai: Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete - e lo esigo - il bimbo. Salvate lui”.
Gianna era una ragazza piena di vita e tanto apprezzava le cose buone e belle: la musica, la pittura, le gite e la montagna. Era entusiasta e coinvolgente, ben lungi dall'immagine asfittica e scura che certe persone hanno dei santi.
Ebbi a grazia di parlare al telefono, più volte, con Emanuela Gianna la quarta figlia, anch'ella medico, avendo io scritto una canzone dedicata a Santa Gianna “Amore sia”. Devo dire che non dimenticherò, nel ricordo che facemmo di sua madre, quanto lei tenne a sottolineare anche la bontà soprannaturale di suo padre Pietro che ebbe la forza di crescere quattro figli fidandosi di Dio e accettandone i misteriosi e spesso arditi disegni.