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La Quaresima ci spinge a imparare l'umiltà

in March 04, 2022

L'umiltà è essenziale per sperimentare la gioia e vivere la vita al massimo.
 

 

L'inizio della Quaresima ci porta ad un tempo di penitenza e di conversione, a volte anche con un'ombra di dolore. La prospettiva cambia se concepiamo questi giorni come un tempo per ricollegare il rapporto di fede e di amore con il Signore. Il Signore è l'unico che dà senso, pienezza, stabilità e gioia alla nostra vita, rendendoci umili, insegnandoci chi è Lui e chi siamo noi. L'umiltà è essenziale per sperimentare la gioia e vivere pienamente la nostra vita.





FALSA UMILTÀ

Troppe volte il nostro concetto di umiltà è sbagliato. Avendo un concetto errato di umiltà, la sentiamo come un peso, una privazione che "dobbiamo" accettare, spesso a malincuore. Altre volte, verso una falsa umiltà, ci viene impedito di raggiungere la vera umiltà. Umiltà non significa ignorare i doni naturali, l'intelligenza, le grazie che ci sono state date: perché questo significherebbe non riconoscere i doni preziosi che Dio ci ha dato. Più che umiltà questa si trasformerebbe in ingratitudine. Al contrario, opposto all'umiltà è prendersi i meriti da soli, facendosi belli con quello che abbiamo ricevuto in dono da Dio come se fosse tutto frutto del nostro lavoro.
 Umiltà non significa sminuirci e abbatterci di fronte agli altri. Questo atteggiamento spesso è un vero e proprio segnale di orgoglio. A volte lo scopo, anche involontario, di coloro che si abbattono è quello di ottenere una valutazione dagli altri. Quella valutazione la negano prima a se stessi, e questo a volte può essere anche un segnale di pigrizia. Lo scoraggiamento non viene mai dalla vera umiltà. Se ci scoraggiamo, è perché pensiamo più a perseguire il nostro successo che alla gloria di Dio; è perché non cerchiamo veramente solo Dio; è perché il nostro orgoglio è ferito e la nostra volontà disattesa; in altre parole, è perché le nostre azioni sono mosse da motivi umani, e cerchiamo il consenso dagli uomini piuttosto che da Dio.





LA VERA UMILTÀ

D'altra parte, per essere umili, dovremmo prima di tutto spostare lo sguardo e l'attenzione da noi stessi a Dio. 
Nessuno ha mai visto Dio (1 Gv 4,12), dice la Sacra Scrittura. Finché viviamo sulla terra, non abbiamo una conoscenza diretta dell'essenza divina; tra Dio e l'uomo c'è una distanza infinita, e solo Lui, adattandosi alla condizione dell'essere umano, ha potuto colmare questa distanza attraverso la sua rivelazione. Dio si è manifestato attraverso la Creazione, la storia di Israele, le parole che ha pronunciato attraverso i profeti e, infine, attraverso il proprio Figlio: la rivelazione ultima, completa e definitiva, la manifestazione stessa di Dio. Perché Gesù ha detto: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9).
Se ci pensiamo bene: Dio si è fatto uomo. Dio che, in Cristo, vede e si lascia vedere, ascolta e si lascia ascoltare, tocca e si lascia toccare, si abbassa alla condizione umana e chiama noi - che lo abbiamo offeso e tradito! - all'intimità del suo amore, alla santità. Il nostro stupore per l'incarnazione del Verbo ci impone di contemplare con riverenza le azioni, i gesti e le parole di Gesù. E così facendo, scopriamo che tutto nella vita di Cristo, dalla sua nascita alla sua morte in croce, è intriso di umiltà, perché, come dice San Paolo nel famoso passo della Lettera ai Filippesi (2,6-8): "...pur essendo di natura divina, non considerò la sua uguaglianza con Dio come un tesoro geloso; ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo e diventando simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 





L'ALLERGIA ALL'UMILTÀ

Ecco perché Sant'Agostino afferma nella sua Lettera 118: "Se mi chiedete cosa è più essenziale nella religione e nella disciplina di Gesù Cristo, vi risponderò: La prima cosa è l'umiltà, la seconda l'umiltà e la terza l'umiltà. Perché nell'umiltà del Verbo Incarnato, oltre a manifestare la profondità dell'amore di Dio per noi, ci viene fatto conoscere l'unico cammino che può portarci alla pienezza di questo amore.
 Al contrario oggi nel mondo sembra esserci una sorta di "repulsione all'umiltà". Sorprendentemente questo non è solo un problema recente dei "tempi moderni", ma un elemento costante del carattere umano: l'uomo si considera orgogliosamente l'unico signore e padrone della propria vita e delle proprie regole, come quando ha commesso il peccato originale.
Umiliarsi significa quindi vedersi come si è realmente davanti a Dio: ammettere onestamente i propri limiti, riconoscere un'autorità legittima sopra di noi e sottomettersi volentieri ad essa. Soprattutto, significa imitare Gesù, seguire il suo esempio.
Se impariamo questo durante il nostro cammino quaresimale, allora arriveremo veramente alla Pasqua pieni della gioia dello Spirito Santo, come dice San Benedetto nella sua Regola (49,6), e un po' più cristiani, cioè un po' più simili a Cristo

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